mercoledì 23 giugno 2010

A proposito di normalità

1980, 1987, 1992, 1999 e infine 2010 sono, almeno sulla carta, annate storiche per la seminologia diagnostica in quanto corrispondono agli anni di pubblicazione delle 5 edizioni del manuale Who sull'analisi del liquido seminale. Più che sugli aspetti tecnici procedurali riguardanti l'esecuzione dello spermiogramma e tests correlati, queste 5 edizioni sono state fonte di acceso dibattito o almeno di stimolo per una profonda riflessione sulle tematiche relative agli aggiornamenti dei cut-off di normalità assegnati ai parametri seminali e continuamente rimaneggiati. Rispetto alle precedenti edizioni, la quinta e ultima costituisce una sorta di piccola rivoluzione che non mancherà di scatenare divergenze di opinioni e perplessità a riguardo. I rinnovati ranges di normalità scaturiscono da uno studio epidemiologico multicentrico (Cooper e al.) sviluppatisi da analisi retrospettive e prospettiche su uomini fertili, di sconosciuta fertilità e selezionati come normospermici di 14 paesi su 4 continenti. Le distribuzioni di riferimento per i parametri seminali erano relative a partners di donne che avevano avuto una gravidanza entro 12 mesi dalla sua ricerca.


In ambito clinico gli intervalli di riferimento attribuiti ai parametri ematochimici costituiscono da sempre un punto da cui partire per interpretare il quadro sintomatologico di un paziente e tuttavia occorre sempre aver presente che tali intervalli derivano da studi epidemiologici che, per quanto estesi nel campionamento, sono pur sempre sottoposti alle leggi della statistica e delle probabilità. Se per ciascun soggetto, pur nella sua variabilità personale, il superamento dei cut-off di riferimento di un indice metabolico o ematochimico costituisce un relativo campanello d'allarme sulla funzionalità d'organo del suo specifico organismo in quel particolare momento, ancor più relativo allora dovrà essere il superamento di un ipotetico limite per parametri riferibili alla funzione riproduttiva che dipendono dallo stato di due organismi. Con ciò non è assolutamente mia intenzione diffidare dei risultati di questo recente studio ma è evidente la difficoltà di pervenire a valori di riferimento seminali che non siano semplicemente orientativi  per definire la potenzialità di un seme e quindi la prospettiva di concepimento di un uomo.
L'errore che non si deve commettere consiste nel considerare, rispetto ai cut off,  ogni singolo parametro seminale in modo disgiunto dagli altri in quanto è logico pensare che eventuali carenze quali-quantitative di alcune condizioni del seme possano essere compensate, da un punto di vista funzionale, da altre molto favorevoli. Da qui potrebbe scaturire l'inopportunità di dover refertare necessariamente un giudizio che in ogni caso potrebbe essere riferito ad una singola condizione seminale potenzialmente ininfluente.
Il tanto decantato deterioramento del seme umano col passare dei decenni (Carlsen e al.) che più autori riconoscono dovuto ad una concomitante influenza esercitata dall'ambiente con nuovi tossici attivi come distruttori endocrini, ha sollecitato un adeguamento dei criteri di valutazione dei parametri seminali e di conseguenza il ritocco delle soglie di normalità che per la verità si è verificato negli ultimi anni, a partire dagli anni 80, con una certa frequenza e non sempre con la medesima tendenza.
Sicuramente, la soglia di riferimento che ha destato maggior perplessità è quella riferita alle forme morfologicamente normali, "declassata" dal Who 2010 al 4%. Immagino sia comune la consapevolezza agli addetti ai lavori che l'orientamento di questo parametro sarebbe stato col tempo di questo tipo ma il rischio è che, come riferiscono diversi autori, una componente di pazienti potrebbe non ricevere adeguate cure andrologiche per sottovalutazione del problema. Inoltre, considererei con un certo imbarazzo, ma non con indifferenza condizioni di oligoastenozoospermia medio-grave caratterizzate da valori uguali o poco superiori al 4% di forme normali. Del resto, l'introduzione di criteri di valutazione morfologica restrittivi, concettualizzati già a partire dalla fine degli anni 70 e descritti successivamente nel 1987 e 1990 da Menkveld ha portato fino ai giorni nostri inevitabilmente la soglia di normalità al 5° percentile a valori molto bassi, in accordo con un trend in declino della media di spermatozoi con morfologia normale riscontrabile negli studi epidemiologici pubblicati da numerosi autori. Un cut-off così basso è giustificato, a giudizio dei sostenitori, se venissero applicati ulteriori criteri metodologici di valutazione come la segnalazione di specifici pattern morfologici a salvaguardia di un buon valore predittivo di fertilità , mantenuto grazie anche a nuove standardizzazioni internazionali delle tecniche metodologiche.
La valutazione del quadro morfologico seminale nonchè la sua interpretazione, anche alla luce degli ultimi aggiornamenti apportati con le relative argomentazioni, restano comunque i nodi più critici da sciogliere e il momentaneo cut-off morfologico vacante della quarta edizione Who è una conferma di quanto il concetto che assegna un valore predittivo di fertilità maschile alla morfologia nemaspermica sia ancora in evoluzione.
Mi vorrei senz'altro associare agli autori quando nelle conclusioni sostengono che i dati a cui sono pervenuti rappresentano uno strumento che deve essere congiunto alla valutazione del quadro clinico e io sostengo che ciò debba essere sottolineato.





martedì 18 maggio 2010

C'era una volta la Seminologia....

La seminologia come viene intesa oggi, deve essere considerata una disciplina recente così come recente è la presa di coscienza dei numerosi fattori di alterazione del liquido seminale causa di infertilità maschile che negli ultimi decenni è stato possibile indagare con tecniche sempre più innovative. L'Andrologia, disciplina anch'essa molto giovane, sembrerebbe rivendicarne la paternità come sua branca di laboratorio e tuttavia le figure professionali che sempre più spesso utilizzano i suoi mezzi di indagine non sono andrologi ma bensì operatori con formazione culturale laboratoristica come i biologi.
Rispetto al passato, lo studio dei gameti maschili è diventato ormai quasi imprescindibile dalle sue implicazioni con la fertilità maschile o meglio motivo in più per accertare possibili fattori di infertilità di coppia, un tempo psicologicamente ed eticamente inaccettabili e indubbiamente meno efficacemente indagabili.
Nonostante siano stati fatti molti passi avanti per far sembrare la Seminologia una scienza esatta, le interpretazioni delle sue indagini di laboratorio è in alcuni casi tutt'altro che esaustiva e ciò è dimostrato anche dall'indubbio stato di incertezza in cui la comunità scientifica si è travata quando ha cercato di stabilire, negli ultimi decenni, precisi cut-off e intervalli di riferimento sui parametri del liquido seminale per definire, se non uno stato di fertilità certa, una condizione fisiologica di potenziale capacità fertilizzante del seme.
Lontano è il tempo in cui fantasiosi microscopisti intravedevano negli spermatozoi degli "omuncoli" o meglio umani preformati in miniatura ma ciò nonostante dopo più di 300 anni la diagnostica seminale di primo livello, costituita dalla semplice osservazione microscopica del seme costituisce un solido punto da cui partire per accertare lo stato di fertilità maschile.
L'esame del liquido seminale di base  o spermiogramma è una delle procedure analitiche che meno di tutte riescono a garantire ancora oggi una certa attendibilità dei risultati, perchè risulta una delle meno standardizzabili e forse una delle più sottovalutate. La superficialità con cui viene spesso eseguito uno spermiogramma rende questa indagine, in tal modo ottenuta, di scarsa utilità diagnostica e prognostica e anzi addirittura fuorviante. Se è comprensibile il motivo per cui laboratori di analisi clinche generici non possono garantire dei risultati analitici dello spermiogramma confortati dalla forza dell'esperienza paragonabili a quelli di centri specialistici dedicati alla cura dell'infertilità maschile e di coppia, non lo è altrettanto l'improvvisazione sia nell'eseguire tale esame  che nell'interpretare il referto analitico  per mancanza di competenza specialistica. Il ricorso ad indagini più approfondite di 2° e 3° livello denota talvolta più che una padronanza della condizione clinica del paziente, una inadeguata comprensione del quadro seminale ricavabile da una corretta lettura di 2 o 3 esami seminali su campioni ottenuti osservando corrette regole per la produzione e raccolta del campione da parte del paziente.
La richiesta di indagini per l'infertilità maschile e della possibilità di preservare la fertilità nel tempo è aumentata esponenzialmente negli ultimi anni e quindi di conseguenza anche l'esigenza di fornire risposte sempre più valide per essere all'altezza delle aspettative di pazienti infertili o affetti da gravi patologie compromettenti per via diretta o indiretta la fertilità. Ma fino a quando, con l'avanzare di nuove tecniche di bioingenieria, l'interesse sarà ancora incentrato per la parte maschile sulla potenzialità dello spermatozoo e quanto ancora si deciderà di fare sul fronte diagnostico ?
Dedicandomi da molti anni alle indagini sul liquido seminale e alle sue applicazioni in riproduzione assistita, è normale che mi ponga questi interrogativi come penso facciano tutte quelle figure professionali che come me lavorano in centri per la cura dell'infertilità di coppia e con cui spero di condividere opinioni a riguardo.