1980, 1987, 1992, 1999 e infine 2010 sono, almeno sulla carta, annate storiche per la seminologia diagnostica in quanto corrispondono agli anni di pubblicazione delle 5 edizioni del manuale Who sull'analisi del liquido seminale. Più che sugli aspetti tecnici procedurali riguardanti l'esecuzione dello spermiogramma e tests correlati, queste 5 edizioni sono state fonte di acceso dibattito o almeno di stimolo per una profonda riflessione sulle tematiche relative agli aggiornamenti dei cut-off di normalità assegnati ai parametri seminali e continuamente rimaneggiati. Rispetto alle precedenti edizioni, la quinta e ultima costituisce una sorta di piccola rivoluzione che non mancherà di scatenare divergenze di opinioni e perplessità a riguardo. I rinnovati ranges di normalità scaturiscono da uno studio epidemiologico multicentrico (Cooper e al.) sviluppatisi da analisi retrospettive e prospettiche su uomini fertili, di sconosciuta fertilità e selezionati come normospermici di 14 paesi su 4 continenti. Le distribuzioni di riferimento per i parametri seminali erano relative a partners di donne che avevano avuto una gravidanza entro 12 mesi dalla sua ricerca.
In ambito clinico gli intervalli di riferimento attribuiti ai parametri ematochimici costituiscono da sempre un punto da cui partire per interpretare il quadro sintomatologico di un paziente e tuttavia occorre sempre aver presente che tali intervalli derivano da studi epidemiologici che, per quanto estesi nel campionamento, sono pur sempre sottoposti alle leggi della statistica e delle probabilità. Se per ciascun soggetto, pur nella sua variabilità personale, il superamento dei cut-off di riferimento di un indice metabolico o ematochimico costituisce un relativo campanello d'allarme sulla funzionalità d'organo del suo specifico organismo in quel particolare momento, ancor più relativo allora dovrà essere il superamento di un ipotetico limite per parametri riferibili alla funzione riproduttiva che dipendono dallo stato di due organismi. Con ciò non è assolutamente mia intenzione diffidare dei risultati di questo recente studio ma è evidente la difficoltà di pervenire a valori di riferimento seminali che non siano semplicemente orientativi per definire la potenzialità di un seme e quindi la prospettiva di concepimento di un uomo.
L'errore che non si deve commettere consiste nel considerare, rispetto ai cut off, ogni singolo parametro seminale in modo disgiunto dagli altri in quanto è logico pensare che eventuali carenze quali-quantitative di alcune condizioni del seme possano essere compensate, da un punto di vista funzionale, da altre molto favorevoli. Da qui potrebbe scaturire l'inopportunità di dover refertare necessariamente un giudizio che in ogni caso potrebbe essere riferito ad una singola condizione seminale potenzialmente ininfluente.
Il tanto decantato deterioramento del seme umano col passare dei decenni (Carlsen e al.) che più autori riconoscono dovuto ad una concomitante influenza esercitata dall'ambiente con nuovi tossici attivi come distruttori endocrini, ha sollecitato un adeguamento dei criteri di valutazione dei parametri seminali e di conseguenza il ritocco delle soglie di normalità che per la verità si è verificato negli ultimi anni, a partire dagli anni 80, con una certa frequenza e non sempre con la medesima tendenza.
Sicuramente, la soglia di riferimento che ha destato maggior perplessità è quella riferita alle forme morfologicamente normali, "declassata" dal Who 2010 al 4%. Immagino sia comune la consapevolezza agli addetti ai lavori che l'orientamento di questo parametro sarebbe stato col tempo di questo tipo ma il rischio è che, come riferiscono diversi autori, una componente di pazienti potrebbe non ricevere adeguate cure andrologiche per sottovalutazione del problema. Inoltre, considererei con un certo imbarazzo, ma non con indifferenza condizioni di oligoastenozoospermia medio-grave caratterizzate da valori uguali o poco superiori al 4% di forme normali. Del resto, l'introduzione di criteri di valutazione morfologica restrittivi, concettualizzati già a partire dalla fine degli anni 70 e descritti successivamente nel 1987 e 1990 da Menkveld ha portato fino ai giorni nostri inevitabilmente la soglia di normalità al 5° percentile a valori molto bassi, in accordo con un trend in declino della media di spermatozoi con morfologia normale riscontrabile negli studi epidemiologici pubblicati da numerosi autori. Un cut-off così basso è giustificato, a giudizio dei sostenitori, se venissero applicati ulteriori criteri metodologici di valutazione come la segnalazione di specifici pattern morfologici a salvaguardia di un buon valore predittivo di fertilità , mantenuto grazie anche a nuove standardizzazioni internazionali delle tecniche metodologiche.
La valutazione del quadro morfologico seminale nonchè la sua interpretazione, anche alla luce degli ultimi aggiornamenti apportati con le relative argomentazioni, restano comunque i nodi più critici da sciogliere e il momentaneo cut-off morfologico vacante della quarta edizione Who è una conferma di quanto il concetto che assegna un valore predittivo di fertilità maschile alla morfologia nemaspermica sia ancora in evoluzione.
Mi vorrei senz'altro associare agli autori quando nelle conclusioni sostengono che i dati a cui sono pervenuti rappresentano uno strumento che deve essere congiunto alla valutazione del quadro clinico e io sostengo che ciò debba essere sottolineato.